La ceca castagnola di natale

Avevo deciso di non parlare di questo libro, perché non riuscivo proprio a trovare un dolce da abbinare ne alla storia, ne tanto meno a nessuno dei personaggi. Pensavo è una storia troppo amara per essere paragonata a qualcosa di dolce e bello. Ero pronta quindi a mettere in discussione la mia tesi secondo la quale ogni libro, ogni personaggio, ogni storia porta dentro se un dolce.

Poi ieri mi giro e su quel tavolino vedo loro, chiuse miseramente in una squallida bustina di plastica da congelatore, delle “Castagnole”. Tralasciando il fatto che le “Castagnole/Tortelli milanesi/Zeppole” sono dei dolci tipici di carnevale, per cui erano già fuori luogo visto che siamo a natale. Per cui ho pensato che erano fuori luogo esattamente come, fuori luogo (fuori tempo) è la cecità improvvisa che colpisce l’umanità di Saramago.

"Dopo come se avesse appena scoperto qualcosa che fosse obbligato a sapere da lungo tempo, mormorò, triste. e' di questa pasta che siamo fatti, metà di indifferenza e metà di cattiveria."

“Dopo come se avesse appena scoperto qualcosa che fosse obbligato a sapere da lungo tempo, mormorò, triste. e’ di questa pasta che siamo fatti, metà di indifferenza e metà di cattiveria.”

Queste povere castagnole così come quei poveri ciechi, erano li ammassati, alla bell’e meglio in quella oleosa bustina di plastica, troppo piccola per contenerle tutte. Strette tra loro, messe lì senza alcun garbo, sembravano quasi sgomitare per farsi spazio in quell’asfissiante bustina. Non erano neanche ricoperti dal classico zucchero a velo, che solitamente li ricopre e li abbellisce.

Nonostante questo però queste maltrattate “Castagnole” avevano una bella forma ed erano dorate al punto giusto, per cui chi li aveva fatte non era poi tanto inesperta, ma semplicemente ignora la regola basilare della pasticceria o comunque del cibo in genere: Si mangia prima con gli occhi e poi con la bocca. Ecco queste castagnole rappresentavano il digiuno completo per gli occhi.

Nonostante questo però le care castagnole, un merito lo hanno avuto,e cioè quello di farmi ricordare la scena dell’arrivo di più di duecento ciechi all’interno del manicomio, che sgomitano e si schiacciano a vicenda per riuscire ad entrare.

"Non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo. Ciechi che, pur vedendo, non vedono".

“Non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo. Ciechi che, pur vedendo, non vedono”.

Josè Saramago scrive “Cecità” negli anni novanta, ma in realtà il libro non ha un ambientazione specifica o un tempo specifico. In una città imprecisata, di una nazione qualsiasi in un tempo qualsiasi all’improvviso l’intera popolazione viene colpita da un improvvisa cecità “lattiginosa”, luminosa. Coloro che cadono vittime di questa strano male non cadono nell’oscurità, ma è come se fossero sempre immerse in un accecante luce, non c’è una motivazione specifica perché questo accade, ma accade.

Saramago descrive in questo “capolavoro” come l’intera popolazione vittima di questo male, cade nella brutalità più totale, un po’ com’è accaduto a quelle povere castagnole, anche loro buttate li senza un vero motivo, e brutalizzate all’interno di un luogo troppo stretto per contenerle, e senza il minimo abbellimento.

Saramago come la signora delle castagnole ci mostra l’abbruttimento umano, ci disegna questi uomini e queste donne, ammassati come delle castagnole in una busta/manicomio, nella quale si muovono sgomitando arrancando, odiandosi.

L’artefice delle castagnole è un po’ come quel Dio di Saramago, che ad un certo punto decide di divertirsi a vedere come gli uomini riescano a diventare bestie, come siano capaci di abbruttirsi di fronte all’impossibilità di vedere. L’autore ci dimostra quanto sia vera la teoria dell’ “homo homini lupus est” di Hobbes. In un momento terribile come può essere quello di diventare improvvisamente tutti ciechi, l’uomo che fa invece di diventare un’unica cosa? invece di unirsi per sopravvivere? Cerca di sopraffare l’altro, si abbruttisce, diventa indifferente alla sofferenze degli altri.

Più che una cecità fisica quella che ci descrive Saramago è la cecità morale degli uomini. Per lui l’umanità è ormai ceca pur vedendo, perché disconosce completamente cosa sia la solidarietà. Il Dio di Saramago dà all’umanità una nuova possibilità, gli elimina uno dei sensi principali, di modo che essa riesca a ridiseganare la propria forma, attraverso nuovi schemi. Attraverso nuove modalità, migliori di sicuro. Ed invece no, l’umanità si dimostra nuovamente per quella che è, dimostra la sua totale incapacità di abbellirsi.

"Siamo talmente lontani dal mondo che tra poco cominceremo a nin sapere più chi siamo, nenache abbiamo pensato a dirci come ci chiamiamo. A cosa ci sarebbero serviti i nomi. nessun cane ne riconosce un altro dal nome. e' dall'odore che identifica e si fa identificare. Noi qui siamo come un'altra razza di cani, ci riconosciamo dal modo di abbaiare, di parlare. Il resto, i lineamenti il colore della pelle, degli occhi è come se non esistessero."

“Siamo talmente lontani dal mondo che tra poco cominceremo a non sapere più chi siamo, neanche abbiamo pensato a dirci come ci chiamiamo. A cosa ci sarebbero serviti i nomi. Nessun cane ne riconosce un altro dal nome. e’ dall’odore che identifica e si fa identificare. Noi qui siamo come un’altra razza di cani, ci riconosciamo dal modo di abbaiare, di parlare. Il resto, i lineamenti il colore della pelle, degli occhi è come se non esistessero.”

Io non conoscevo questo autore, ignoravo completamente la sua esistenza. Scoprirlo è stato meraviglioso, mi si è aperto un mondo che adoro. Adoro quello che scrive e soprattutto amo “come” lo scrive. Saramago ha uno stile tutto suo, io lo definisco “tutto d’un fiato”. Lui non utilizza la punteggiature soprattutto nei dialoghi. La cosa meravigliosa è che questo non lo fa perdere, non ti fa perdere.

Sembrerebbe quasi che ti perdi in questo enorme unico discorso, ma invece non è così, tutto è scandito alla perfezione. Magnifica è poi la sua capacità di “spersonificare” ogni personaggio, L’autore infatti non da un nome a nessuno dei suoi personaggi, ma li identifica solo attraverso delle loro caratteristiche.

Geniale è poi anche la trovata di lasciare uno solo dei personaggi , e cioè “la moglie del medico”, sana tra i cechi. Lei diventa gli occhi del lettore che attraverso lei possono osservare tutto cio’ che accade.

E’ questo quindi un perfetto libro castagnola, da leggere assolutamente, per vedere senza vedere, quanto terribile può essere l’uomo, e quanto stupido sia a non cogliere nessuna delle possibilità di redenzione che gli vengono dati.

Jose Saramago ci dimostra come l’umanità non vede pur vedendo.

"Caproni sono quelli là, commentò una voce possente, senza immaginare di corrispondere alla pastorale reminiscenza di chi non ha colpa di non sapere esprimere le cose in altra maniera.

“Caproni sono quelli là, commentò una voce possente, senza immaginare di corrispondere alla pastorale reminiscenza di chi non ha colpa di non sapere esprimere le cose in altra maniera.”

Grazia

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